Il GREI 250, un gruppo che riunisce esperti e società civile per la promozione dell’inclusione dei migranti, lancia un appello alla società civile per migliorare il Patto europeo sulle migrazioni e rafforzare il monitoraggio dei diritti dei migranti. Programma integra, tra i membri promotori del GREI 250, aderisce all’appello.

Il 23 settembre 2020 la Commissione europea ha redatto un documento programmatico su migrazione e asilo che mira a introdurre procedure più rapide ed efficienti ai confini dove verrà istituito uno screening completo prima dell’ingresso nel paese. Si tratta di un sistema di “contribuzione flessibile” al meccanismo di solidarietà che prevede che gli Stati potranno scegliere se accettare il ricollocamento di migranti da paesi di frontiera oppure altre forme di supporto logistico o operazionale: accordi bilaterali ad hoc con i paesi terzi, inclusa la definizione di nuovi canali legali di immigrazione; un meccanismo comune di rimpatri con la nomina di un Coordinatore europeo per i rimpatri; un meccanismo di monitoraggio indipendente di eventuali violazioni dei diritti umani ai confini.
Per GREI 250 il patto torna a riprodurre la logica del Regolamento Dublino, degli hotspot, della chiusura delle frontiere, dell’esternalizzazione della responsabilità in paesi terzi, qualunque sia la situazione dei diritti umani in tali paesi. Di seguito alcune delle criticità segnalate da numerosi osservatori:
- l’Unione Europea mantiene, anzi rafforza il principio del primo paese d’ingresso a danno dei paesi con frontiere esterne e a danno di richiedenti asilo che molto spesso non hanno alcun legame con il primo paese;
- il meccanismo “di solidarietà” non prevede l’obbligo degli Stati di accogliere richiedenti da ricollocare ma la possibilità di scegliere tra le opzioni alternative al ricollocamento, “la sponsorship sui rimpatri” ovvero di farsi carico delle espulsioni dal primo paese d’approdo;
- la determinazione del diritto alla protezione che si svolge, secondo la proposta, in moltissimi casi presso località chiuse in vicinanza dei confini in forma di “procedura alla frontiera” entro 12 settimane, rischia di produrre gravi danni dal punto di vista dei diritti umani;
- l’UE promuoverà accordi di riammissione, i cosiddetti “patti di partenariato” con i paesi terzi di provenienza dei migranti senza tener in grande conto le violazioni dei diritti umani nei paesi di origine e di transito dei migranti e senza proporre nessuna traccia di “canali umanitari” di ingresso in Europa per coloro che fuggono da situazioni belliche o di crisi.
Per tali motivi il Gruppo di esperti chiede di affermare con forza la contrarietà:
- alla detenzione come forma normale di “prima accoglienza” per i richiedenti asilo;
- alla selezione tra gli ammessi all’ingresso in UE e i respinti su basi diverse da quelle della caratteristiche individuali e soggettive;
- al principio del paese di primo ingresso come paese su cui grava la procedura di asilo.
Il Gruppo chiede infine di proporre che ad effettuare la parte del monitoraggio relativa al rispetto dei diritti umani, prevista dal Patto, sia una rappresentanza qualificata delle organizzazioni di difesa e advocacy dei diritti umani, che potranno mettere a disposizione rilevatori, analisti dei dati, interpreti e mediatori di provata esperienza che potranno monitorare che i ritardi, le impreparazioni, e anche le diverse e talvolta opposte volontà politiche dei paesi UE non si traducano in violazioni dei diritti.
Il Patto non ha ancora forza di legge e dovrà essere discusso, emendato ed eventualmente approvato da Parlamento e Consiglio europeo. Un intervento tempestivo potrà contribuire a migliorare quegli aspetti del patto che più preoccupano e che maggiormente fanno temere per una lesione dei diritti soggettivi dei richiedenti la protezione internazionale.