La mediazione interculturale è un importante mezzo di relazione, che avvicina persone e culture, che fa sentire meno solo e incompreso chi arriva in un Paese straniero, soprattutto se scappa da una guerra. E se a scappare è un bambino?

 

 

Programma integra attraverso l’attivazione gratuita di un servizio di mediazione culturale presso l’Istituto Comprensivo “Raffaello” di Roma, ha voluto dare il suo contributo per cercare di rendere più vivibile l’esperienza di fuga dei minori provenienti dall’Ucraina, realizzando in collaborazione con i docenti della scuola romana, un progetto per migliorare l’inserimento scolastico di bambini e ragazzi.

A quasi un mese dall’avvio dell’attività ci piace pubblicare un piccolo racconto che raccogliamo dalla testimonianza diretta di Viktoriya, la mediatrice che sta curando il servizio. Una testimonianza che parla di persone strappate dal loro mondo, di figli e madri che, per fortuna, sono riusciti almeno a rimanere uniti in questa nuova vita “sospesa” e parla anche di insegnanti, che con competenza e cuore si mettono quotidianamente a disposizione del servizio, per cercare di trasformare in opportunità questa avventura forzata che i profughi ucraini stanno affrontando già da 4 mesi.

E’ da aprile scorso che l’Istituto ospita tre bambini scappati dalla guerra. Nei primi giorni del loro arrivo, per dargli il benvenuto, i compagni di classe hanno scritto per loro bigliettini di auguri con parole tenere e hanno portato anche dei regali: quaderni, colori e uno zaino nuovo, nuovo.

Nella 1^A della scuola primaria “Henri Matisse” ora, insieme agli altri bambini c’è anche Andrii. Il suo inserimento nella classe è stato facile perché è un bambino sveglio, parla un po’ l’inglese, è bravo in matematica e ogni giorno riesce a capire meglio l’italiano, si impegna in ogni momento a capire e a farsi capire.

Irene e Cristina, le sue maestre, hanno subito trovato un feeling con lui, perché comprendono bene tutto il suo impegno e anche lo sforzo di sua madre, che ogni sera impara da lui parole nuove, tanto utili per questa nuova vita.

In un tema che chiedeva di descrivere le emozioni, Andrii parlando di “disgusto” lo ha rappresentato ricordato di aver visto due ragazzi che prendevano a calci un pezzo di pane: nei lunghi giorni di attesa nel rifugio e poi durante il tortuoso viaggio per arrivare in Italia aveva capito, per la prima volta che il pane e una cosa sacra.

Nella classe 5D della scuola primaria e secondaria “Piet Mondrian” studiano ora Maksim e Krystyna.

Loro hanno tanto in comune ma sono molto diversi: Krystyna e una ragazza che parla già l’ italiano perché ha vissuto in Italia tempo fa, è già integrata con la classe e sembra essere felice e serena.

Maksim è molto bravo in matematica e anche in inglese. Naturalmente non ha un vocabolario ricco in italiano, però capisce quasi tutto e partecipa alla vita di classe con entusiasmo.

Gli manca molto la sua casa e anche un po’ la sua vecchia vita, soprattutto il gioco del calcio. Lo ha detto anche svolgendo il tema “Come vogliamo migliorare la scuola”; ha scritto che la sua nuova scuola è quasi perfetta, manca solo il campo per giocare a pallone.

Maksim è arrivato con sua madre, che cerca di convincerlo a rimanere in Italia perché ha paura di tornare in Ucraina, ma lui non vuole stare lontano da casa sua. Sua madre è molto premurosa e presente; ogni giorno ci chiede di suo figlio, di come si sta integrando in classe e ogni sera, per quello che la conoscenza della lingua le consente di fare, cerca di seguire i suoi compiti e lo incoraggia ad imparare e a sentirsi parte di questa nuova realtà, senza guardarsi troppo indietro.

La scuola sta preparando un piccolo spettacolo con racconti e canti, Maksim dapprima non voleva partecipare per paura di non essere all’altezza nel parlare e cantare in italiano, ma la vicinanza e l’incoraggiamento dei compagni di classe hanno fatto il miracolo e ora guardando le prove, lo vediamo felice parlare, cantare e sbagliare, senza paura.

Con grande nostalgia Maksim racconta della sua gatta, dei suoi amici e soprattutto di suo nonno, con il quale prima di partire ha piantato degli alberi nuovi. Si domanda come possa fare ora senza di lui a curarli e a sbrigare tutte le faccende da fare in casa. Proprio oggi ha detto in classe che sopporterebbe anche il suono orribile delle cannonate per tornare da lui, almeno per un po’.

Le maestre Sabrina, Maria Elena, Cristina e tutte le altre insegnanti sono molto attente e fanno tutto il possibile per fare sentire i ragazzi a loro agio nel nuovo ambiente: consigliano i libri e materiali didattici, parlano continuamente con loro e hanno una particolare sensibilità nel carpire i loro umori.

Tra le tante attività scolastiche, i ragazzi hanno sostenuto anche le prove Invalsi di inglese, italiano e matematica. La mediatrice ci racconta che mentre traduceva le domande pensava che alcune erano difficili anche per lei, ma anche qui, la sua vicinanza, l’attenzione degli insegnanti e la solidarietà dei compagni di classe hanno creato una specie di magia e Krystyna, Maksim e Andrii hanno dimostrato di aver assorbito tutti gli insegnamenti della loro nuova scuola, rispondendo a quasi tutte le domande.

Questo è un piccolo racconto, uno spaccato minimo dell’esperienza dei molti bambini che si sono trovati a subire uno strappo ingiusto e insanabile. Una cronaca di un quotidiano tutto da costruire, con nuovi luoghi e abitudini; complicato, ma reso più semplice grazie alla vicinanza umana.

Una piccola testimonianza che può però offrire ulteriori spunti di riflessione sull’importanza di accogliere e di voler essere parte attiva nel favorire il superamento  delle difficoltà che accomunano chiunque scappi da guerre e ingiustizie.

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